0004Filosofia

 

Roberto Casati

Sull'insegnamento della filosofia

 

I capiscuola delle due correnti maggiori della filosofia del Novecento, Gottlob Frege e Martin Heidegger, erano antisemiti, e hanno creato non poco imbarazzo ai loro ammiratori. Frege, il padre della logica contemporanea, suggerisce in uno scritto privato che la difficoltà di riconoscere gli ebrei avrebbe potuto venir sormontata cucendo loro addosso un contrassegno. Frege muore nel 1925 e non riesce a vedere la realizzazione del suo sogno logico-politico. Heidegger pronuncia e dà alle stampe una lezione inaugurale che è un volantino di propaganda nazista, poi denuncia come ebrei e fa licenziare due suoi colleghi. Abbiamo forse diritto di valutare l'opera logica di Frege senza tener conto delle sue sbandate epistolari; abbiamo un po’ meno diritto di dimenticare che l’opera di Heidegger è intessuta di metafore sinistre che tratteggiano i grandi destini di un immaginario popolo tedesco e di un altrettanto immaginario legame che questo avrebbe con il mitico suolo germanico. Ma non è questo il problema: continuiamo a leggere questi due filosofi. Osserviamo tuttavia che la metafisica di Heidegger lo ha incoraggiato a commettere azioni ignobili, e che la logica non è stata di grande aiuto a Frege nel riflettere sulla complessità della vita sociale. E non stiamo parlando di due mezze calze filosofiche. Non ci deve venire qualche dubbio sul ruolo della filosofia nel formare i cittadini, nell’aiutarli a ragionare?

Le motivazioni della proposta Berlinguer di introduzione della filosofia nelle scuole medie e in tutti gli indirizzi del triennio sembrano fatte per fomentare i dubbi. [Su queste pagine] Giovanni Reale, professionista della filosofia antica, cerca di convincerci della bontà della proposta. Chiama in causa il parere di Eugenio Scalfari (i lettori chiedono più filosofia) e del Cardinal Tonini (i giovani che lanciano sassi dal cavalcavia non vedono la relazione tra causa ed effetto delle proprie azioni, un po’ di filosofia li aiuterebbe). Non vedo in che modo queste opinioni possano giustificare la generalizzazione della filosofia nella scuola secondaria. E certo Scalfari e Tonini non avranno difficoltà a promuovere la filosofia nelle istituzioni che dirigono e in cui operano, aggiungendo rispettivamente una pagina a Repubblica e creando dei corsi oratoriali di filosofia (o perché no sfruttando le ore di insegnamento della religione, dato che i docenti di religione, è bene ricordarlo, non passano un concorso statale ma vengono convalidati dalla Chiesa).

Il vero argomento per far sì che la filosofia diventi materia d’obbligo per l’adolescenza italiana è enunciato altrove, ed è che mancherebbe agli studenti un modo di sviluppare l’argomentazione e che lo studio della filosofia permetterebbe loro di imparare a ragionare (e quindi a non lanciare sassi dal cavalcavia: se uno ragiona, si accorge che il sasso causa danni di cui lui ha la responsabilità). E in che modo la filosofia insegna a ragionare? Reale apre una finestra rivelando, quasi fosse uno scoop, i contenuti di un esperimento tentato "addirittura nelle scuole elementari". Un volonteroso docente avrebbe fatto leggere Alice agli studenti portandoli poi "dal piano delle immagini a quello dei concetti", insegnando loro il perché e il che cosa, la causa, l’effetto, il particolare e l’universale, con ampia soddisfazione dei piccini.

Siamo in piena aneddotica. Non oso fare ipotesi sulla psicologia del ragionamento che viene presupposta dai consiglieri di Berlinguer. Se veramente non vedevano il rapporto tra le proprie azioni e le loro conseguenze, perché i ragazzi del cavalcavia non lanciavano sassi sulla propria auto? Perché non mangiavano sassi? In realtà il rapporto lo vedevano benissimo, e proprio per questo lanciavano i sassi sulle auto altrui.

Si cavalca un equivoco. L’obiettivo di "insegnare a ragionare" è talmente vago che si può far passare come plausibile l’idea che per raggiungerlo si debba insegnare la filosofia. Durante la mia adolescenza il ritornello era che non si doveva abolire il latino perché "fa ragionare". Queste sono naturalmente tutte sciocchezze, e immagino che i docenti delle scuole medie si sentano insultati. Perché sono i docenti che fanno ragionare, non ci sono materie che fanno ragionare più di altre. Si può (si dovrebbe) ragionare su tutto. Il docente citato da Reale merita un encomio perché ha lavorato seriamente con i suoi studenti a partire da un testo letterario. Una docente di matematica e fisica deve far ragionare, dato che la matematica e la fisica sono controintuitive. Un docente di italiano deve far ragionare, dato che la scrittura di una pagina (se non viene abolito il tema di italiano) richiede un costante esercizio di pertinenza. Per permettere ai cittadini di difendersi dai sofismi della politica e della pubblicità basta passare un’ora di scuola alla settimana ad analizzare i discorsi di D’Alema o di Berlusconi.

E naturalmente non si sa affatto quali potranno mai essere i programmi della baby-filosofia. Per tornare ai ricordi di liceo. Faccio fatica a liberarmi dell’incubo dell’insegnamento della filosofia che ho dovuto subire per via dell’assurdo programma. Chi non ha avuto l’impressione che ci insegnassero le teorie dei matti del villaggio? Attoniti dai banchi di scuola abbiamo assistito all’entrata in scena di quello che dice che il non essere non è, poi di un altro che grida che tutto è acqua, di un altro ancora stando al quale la monade non ha né porte né finestre, di un ultimo per cui tutto, ma proprio tutto, dal vulcano al pianoforte, funziona grazie a un processo inarrestabile di tesi, antitesi e sintesi. Per far capire che cosa volessero veramente dire questi personaggi è necessario far studiare il contesto storico in cui hanno operato (donde l’ovvio sovraccarico storico del curriculum liceale - e universitario). Ma ecco che la curiosità diventa insostenibile: perché mai dovremmo investire così tanto denaro e energie, nominare esperti di programmi ministeriali, bandire concorsi, eccetera, per far capire che cosa voleva veramente dire un tipo che dice che tutto è acqua? Nessuno ce lo ha mai spiegato, e dubito che ci sia una giustificazione. Se non, naturalmente, la curiosità storica, e qui il serpente si morde la coda.

Riassumendo. L’equivoco numero uno nasce dall’ambiguità del verbo ‘ragionare’. Si risponde alla vaga esigenza di far ragionare con il piano di generalizzare lo studio della filosofia. Qui si annida l’equivoco numero due: che si abbia un’idea chiara di che cosa sia la filosofia. Per continuare a discutere bisogna mettere le carte in tavola. Sospetto che si confonda la filosofia con la ricerca della saggezza. Ecco una proposta alternativa. L’attività filosofica nasce (in ogni periodo storico) da problemi concettuali posti dalle scienze, dalle arti, dai conflitti morali e sociali di quel periodo. La filosofia ha risposto a questi problemi reinventandosi continuamente. L’idea di una continuità o di una perennità della filosofia è un’illusione. E difatti non possiamo usare Cartesio oggi per fare filosofia della fisica perché Cartesio nulla sapeva della meccanica quantistica. Non possiamo fidarci oggi dell’estetica di Kant perché Kant è vissuto prima di Andy Warhol. Ma in ogni periodo la filosofia di quel periodo era una disciplina di punta, una meta-disciplina, peraltro molto difficile e (esito a dirlo) elitaria. Il presente non fa eccezione. Se volete contribuire professionalmente alla filosofia non avete praticamente bisogno di leggere testi che datano di prima del 1980, e anzi perdereste egregiamente tempo nel farlo. (Lo stesso avviene con la matematica e la fisica, e nessuno protesta. Perché leggere Eulero?) Dovete invece conoscere molte cose non filosofiche - una disciplina scientifica, o una serie di risultati in psicologia, o l’arte contemporanea. Molti ottimi filosofi si sono avvicinati alla filosofia molto tardi, a livello di dottorato o di postdottorato. Questo milita a sfavore dell’introduzione generalizzata della filosofia nella scuola secondaria. Non si può insegnare la filosofia nella scuola secondaria, perché non c’è nulla da insegnare, se non un ectoplasma storicistico.