Roberto Casati

 

Ricomincio da capo

Groundhog Day, USA 1993. Scritto da Danny Rubin, regia di Harold Ramis. Con Bill Murray (Phil Connors), Andie MacDowell (Rita), Chris Elliott (I) (Larry), Stephen Tobolowsky (Ned Ryerson), Brian Doyle-Murray (Buster), Harold Ramis (lo psichiatra) Marita Geraghty (Nancy), Angela Paton (Mrs. Lancaster), Rick Ducommun (Gus), Rick Overton (Ralph), Robin Duke (Doris la cameriera), Carol Bivins (presentatrice), Willie Garson (Kenny, assistente di Connors), Les Podewell (il vecchio).

 

 

Suggerisco di guardare il film prima di leggere questo commento. Vorrei inoltre segnalare che non state leggendo un articolo di critica cinematografica. Discuto di un film che dietro il racconto brillante è molto denso, ma questo non giustifica di per sé l’eccesso intenzionale d’interpretazione. Non faccio ipotesi su cosa l’autore e il regista volessero comunicare con il film, ma sto usando il film per illustrare alcuni problemi filosofici. Ho comunque chiesto allo sceneggiatore, Danny Rubin, di elucidare alcuni passaggi, e assumo che la sua parola faccia testo laddove è necessario sollevare un problema di interpretazione.

In questo articolo dirò le cose seguenti. Presenterò dapprima la trama del film. Suggerirò un modo di parlare del tempo nel film e discuterò della struttura temporale del film. Farò in seguito qualche considerazione sul modo in cui dovrebbe essere fatto il mondo perché il film racconti una storia vera. Finirò con l’osservare come il film sia interessante per la metafisica, la filosofia della conoscenza e la filosofia morale (in quest’ordine), ma soprattutto come mostri che in un particolare contesto metafisico la conoscenza è legata a doppio filo a un’importante intuizione morale.

La storia

Il 2 febbraio, il "giorno della marmotta" che dà il titolo al film nell’edizione originale, è un’istituzione statunitense. Il villaggio di Punxsutawney, a nord di Pittsburgh in Pennsylvania, ospita il Groundhog Day (traduco ‘groundhog’ con ‘marmotta’ – la specie dei groundhog viene di solito denominata ‘marmotta americana’). Punxsutawney Phil, la mascotte del villaggio, esce dalla sua tana. È un aruspice meteorologico, in grado di annunciare una primavera precoce. Se però vede la sua ombra, l’inverno continuerà per altre sei settimane. Il 2 febbraio è situato a metà strada tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera, e in alcune culture era preso a momento d’inizio della primavera. La festa sembra essere di derivazione tedesca, in America la marmotta autoctona avrebbe il sostituito il teutonico tasso.

Il film inizia il 1 febbraio. La prima sequenza ci mostra l’ombra (cattivo augurio) della mano di Phil Connors, annunciatore meteorologico per una catena televisiva che ha sede a Pittsburgh. Finita la trasmissione Connors parte alla volta di Punxsutawney per il suo quarto anno di reportage sul giorno della marmotta, una prospettiva che non lo entusiasma. Lo accompagnano il suo operatore Larry, che Connors tiranneggia e che lo ricambia con antipatia, e la sua produttrice Rita. Rita è agli antipodi di Phil per gusti e atteggiamenti ma sembra cercare comunque in lui un lato buono. L’indomani, dopo la breve diretta sul festival, in cui la marmotta vede la sua ombra, i tre ripartono per Pittsburgh ma vengono bloccati da una tempesta di neve che Connors non aveva previsto. Rientrano a Punxsutawney e vi trascorrono la notte. Connors si risveglia alle sei del mattino e si accorge subito che qualcosa non quadra: la radio trasmette esattamente le stesse voci del giorno innanzi, le stesse persone lo incontrano alla pensione e per strada, e si ritrova a raccontare in diretta l’identico festival del giorno della marmotta.

A questo punto inizia un ciclo infernale. Giorno dopo giorno, alle sei del mattino, Connors si risveglia ritrovandosi alla casella di partenza del due febbraio. Superato lo choc iniziale decide di trarre un qualche partito dalla situazione e comincia a raccogliere informazioni sugli abitanti del villaggio. Grazie a questa strategia seduce l’avvenente Nancy Taylor, svaligia un furgone per il trasporto valori, si dà alla bella vita, eccetera – episodi che naturalmente non si estendono al di là dello spazio del due febbraio. Quando però cerca di applicare i suoi piani a Rita la differenza tra i due si rivela insuperabile. Faticosamente Connors cerca di costruire la giornata perfetta, che dovrebbe culminare nella seduzione di Rita, ma inesorabilmente si scontra con il bisogno di sincerità di Rita che intuisce la macchinosità dei suoi tentativi.

Connors è depresso: sperando di mettere fine al ciclo rapisce la sciagurata marmotta e si lancia con lei in un burrone. Ma questo non è sufficiente: puntualmente alle sei del mattino seguente si ritrova intatto nel letto della pensione a Punxsutawney. Nei giorni seguenti, per accorciare le sue sofferenze si suicida immediatamente appena alzato, ogni volta risvegliandosi al punto di partenza.

Vista l’inutilità del suicidio, Connors convoca Rita e le dichiara di essere un dio; per provarlo, le mostra di sapere tutto degli abitanti di Punxsutawney, fin nei più intimi dettagli. Rita si dichiara pronta a seguirlo per un giorno come ‘testimone imparziale’. Alla fine della giornata Connors sembra riconciliato con se stesso.

I giorni seguenti lo vedono affabile con Rita e Larry. Si dà alla scultura di statue di ghiaccio. Decide di dedicarsi agli studi. Inizia a seguire un corso di pianoforte. Ne seguiamo i progressi. Conosciamo un Connors buono, che si dispera per non riuscire a salvare un pover’uomo che pare condannato a morire un due di febbraio e che finisce con l’accettare che alcune cose non possono venir comunque cambiate nel giorno che egli vorrebbe perfetto.

Nell’ultimo giorno della marmotta Connors compie una serie di buone azioni che gli permettono di guadagnare l’affetto degli abitanti di Punxsutawney e l’ammirazione di Rita che lungi dal trovarlo insopportabile lo compra all’asta degli scapoli. L’amore infine conquistato lo libera dalla ripetizione; il risveglio al tre febbraio porta con sé l’accettazione del destino: Connors vuole vivere a Punxsutawney.

Come descrivere la storia

Danny Rubin voleva mostrare che cosa accade quando si ha a disposizione molto tempo, per esempio che ci vuole del tempo per commettere qualcosa di immorale o di illegale. Nella sceneggiatura originale il film si estendeva su mille anni, trecentosessantacinquemila giorni della marmotta. Phil cercava di fuggire rubando un aereo che imparava a pilotare giorno dopo giorno, incidente dopo incidente. Gli studios hollywoodiani pensavano che due settimane fossero sufficienti, e si dovette giungere a un compromesso.

Quanto tempo è dunque trascorso? Tempo per chi? L’unità di tempo è il giorno, e dal punto di vista di Rita e degli abitanti del villaggio, la storia sembrerebbe estendersi su tre giorni. Dal punto di vista di Connors, i giorni sono molti di più. I primi giorni della marmotta sono anche i primi giorni filmati; ben presto i giorni filmati sono una selezione di quelli richiesti dallo svolgimento della storia. Il film ne mostra 34, ma quanto tempo è veramente passato per Connors? La differenza tra tempo mostrato e tempo implicato è ragguardevole. Nella seconda parte del film Connors comincia a suonare il piano da principiante, e nel concerto finale si produce in un blues abbastanza elaborato. La mia esperienza di pianista dilettante suggerisce che studiando assiduamente si possa, in cinque anni, giungere al livello di Connors al concerto. Questo ci fa approssimare un paio di migliaia di giorni. Parecchi altri giorni sono sicuramente stati necessari per apprendere molte delle cose che Connors sfrutta a suo vantaggio nella prima parte del film (gli orari del furgone portavalori, eccetera). Potremmo ipotizzare un totale di dieci anni (che corrisponde a una stima fatta da Ramis e Rubin).

Si può essere tentati di fare qui una distinzione tra tempo "soggettivo" (di Connors), tempo "oggettivo" (il calendario che tutti gli altri rispettano, e tempo "della narrazione" (i giorni che effettivamente ci vengono mostrati nel film. Vorrei suggerire che le cose sono un po’ più complicate, e che queste categorie sono inapplicabili al film. (Il che indica, di passaggio, che si tratta forse di categorie che la critica cinematografica dovrebbe svecchiare.) Il termine ‘Groundhog Day’ è entrato nel lessico americano per indicare la stasi. Phil Connors conosce la stasi come qualcosa di esterno al suo tempo. Uno dei problemi che deve risolvere è quello di come tenere un calendario del proprio tempo soggettivo. Gli oggetti del mondo che lo circonda non sono infatti in grado di ricordare, dato che ogni giorno si ritrovano intatti allo stesso posto! Connors non può scrivere un diario o lasciare una traccia a futura memoria. In una versione della sceneggiatura originale Danny Rubin aveva escogitato una soluzione a questo problema. Connors avrebbe potuto leggere una pagina al giorno di un libro, e contare le pagine lette, giorno dopo giorno.

Come dovrebbe essere fatto il mondo perché il film possa funzionare?

Questa domanda può sembrare strana, ma dobbiamo cercare di risponderle per capire in che modo la sceneggiatura gioca con i concetti di spazio e di tempo. Il mondo rappresentato dal Giorno della Marmotta è un mondo molto strano. Ma forse non è più strano del nostro mondo, come ci ricorda il fisico Feynman nelle sue lezioni del 1965, raccolte sotto il titolo de La legge fisica: "Vi dirò come si comporta la natura… Non cominciate a chiedervi, se potete, ‘ma come fa a essere così?’… Nessuno sa come possa essere così." (p. 129 ed. originale.) Quando Ramis cominciò a girare il film, i produttori gli chiesero di inserire nella storia una "maledizione della zingara" che spiegasse come mai Phil Connors doveva rivivere lo stesso giorno.

In prima approssimazione, Connors ricomincia da capo il 2 febbraio. Ma la descrizione è ingannevole. Se veramente ricominciasse da capo, rifarebbe esattamente le stesse cose. Non si tratta dunque di un semplice viaggio nel tempo. Perché? I viaggi nel tempo sono possibili solo a patto che non alterino il flusso degli eventi che conduce dal passato alla realizzazione del presente. E in effetti è già sbagliato parlare di rischio di "cambiare" il passato – e quindi il presente – perché questa possibilità non esiste. Perché, se sono povero, non posso diventare ricco approfittando di un viaggiatore del tempo? Non potrei mandare nel passato un messaggero che dica a un mio io precedente quali azioni comprare e quando venderle? Sarebbe troppo semplice. Se il messaggero riuscisse (fosse riuscito) nella sua missione, adesso sarei ricco! Dato che non sono un nababbo, devo concludere una delle due cose seguenti. O i viaggi nel tempo sono impossibili (se il viaggio fosse riuscito, adesso sarei contemporaneamente ricco e povero, e questa è una contraddizione); oppure se sono possibili la missione del messaggero è fallita. Non solo: devo concludere che qualsiasi missione fallirebbe. Per esempio il messaggero si storcerebbe sempre una caviglia e non riuscirebbe mai a parlare con il mio io passato. (David Lewis, "The Paradoxes of Time Travel", in Philosophical Papers, Oxford University Press, 1986, pp. 67-80.)

Non è obbligatorio pensare che i viaggi nel tempo sono impossibili, ma dobbiamo accettare allora che non possono modificare il passato. Per quel che ne sappiamo, il passato potrebbe essere veramente pieno di messaggeri che hanno fatto questo e quest’altro – la sola cosa che non hanno potuto fare è introdurre cambiamenti nel passato che possano alterare il presente che conosciamo. Gli attentatori di Hitler potrebbero essere dei messaggeri di questo tipo. Ma lo stesso Hitler potrebbe esserlo, e la nostra storia potrebbe essere in qualche modo "pilotata" dal futuro (anche se rischia di deludere le aspettative dei nostri discendenti, che speravano/spereranno inutilmente di cambiare il loro presente creando un mondo nazista con l’invio di Hitler nel nostro tempo.)

Dunque il mondo in cui Connors si ritrova nel secondo giorno della marmotta non è lo stesso mondo in cui si trovava nel primo giorno (parlerò di GM1, GM2,… per distinguere tra loro i vari giorni della marmotta, che portano tutti la data del due febbraio.) Si tratta di un universo parallelo, di cui sappiamo che è simile in tutto e per tutto all’universo del GM1 tranne che per il fatto che Connors ricorda il GM1. E il GM3 è in tutto e per tutto simile al GM1 e al GM2 tranne che per il fatto che nel GM3 Connors ricorda sia il GM2 sia il GM1 e gli sembra che il GM1 abbia preceduto il GM2. E così via. Per questo la descrizione per cui Connors ricomincerebbe da capo è ingannevole. È vero il contrario: in pratica tutti ricominciano da capo, tranne Connors.

"Ricomincio da capo" non è dunque un film che riguarda il tempo, ma la metafisica della possibilità. (Ma devo segnalare che Danny Rubin non è d’accordo su questo punto.)

Il fatto che Connors serbi la memoria in questo modo del tutto particolare è indice di due irregolarità metafisiche. In primo luogo, sappiamo che la memoria è uno dei criteri principali dell’identità personale. Grazie a ciò possiamo dire che Connors-in-GM1 è lo stesso che Connors-in-GM2. A prima vista ci verrebbe anche fatto di dire che Rita-in-GM1 è la stessa persona di Rita-in-GM2, ma basta riflettere un momento per vedere che si tratta di un senso molto più debole di "la stessa persona". In realtà, Rita-in-GM2 non sa nulla dell’esistenza di Rita-in-GM1 (sicuramente una Rita qualsiasi tra quelle incontrate da Connors non ricorda nessuna delle altre, come lamenta Connors la sera in cui Rita fa da testimone imparziale). La sua situazione è simile a quella delle due protagoniste de La doppia vita di Veronica di Kieslowski. Le Rita nei vari mondi non sono letteralmente la stessa persona, sono varianti l’una dell’altra. (Non si pensi che le varianti siano un’inutile concetto metafisico. Domani compirete 50 anni. Se scopriste che mille persone che vi assomigliano in tutto e per tutto – aspetto fisico, carriera, eventi della vita – il giorno del loro 50esimo compleanno hanno dato fuoco a casa loro, avreste ragione di preoccuparvi seriamente. Ci si preoccupa per molto meno quando ci si ritrova come casi esemplari di una campionatura statistica.

In secondo luogo, Connors si sposta "lateralmente" tra universi paralleli, e "all’indietro" nel tempo di ciascuno di questi universi, immaginando che siano tutti sincronizzati, con un curioso percorso a zig-zag. Questa è la situazione metafisicamente impossibile – ma concettualmente proficua – del film: un trasferimento di memoria tra universi paralleli.

Si aggiunga a questo che il tre febbraio che chiude il film può essere preceduto solo dall’ultimo giorno della marmotta, quello in cui Connors conquista il cuore di Rita. Quel due febbraio è il solo che veramente ha avuto luogo nel nostro mondo. Perché? Ovviamente nessuno degli altri GM termina con Rita che ricorda di aver comprato Connors all’asta degli scapoli. In particolare, non il primo GM. Questo fa sì che il GM1 che vediamo all’inizio del film in realtà fosse già un universo parallelo. Quindi lo spostamento laterale di Connors comincia già nel GM1.

Se il giorno finale corrisponde all’ultima variante, se si tratta della variante buona, di quello che è veramente successo, e se per realizzarla Connors dev’essere passato attraverso tutte le altre varianti, è come se al giorno GM1 Connors fosse metafisicamente in ritardo rispetto al resto del mondo e avesse dovuto mettersi a viaggiare negli universi paralleli per recuperare il ritardo.

Il viaggio di Connors è un’esplorazione di varianti parallele del mondo reale, grazie alla quale ottiene l’amore di Rita che era sicuramente fuori della sua portata il primo febbraio. Questa conquista avviene grazie a un cambiamento interiore di Connors. Lo stesso Connors può essere un Connors diverso perché nell’esplorare gli universi paralleli egli acquisisce la conoscenza. In prima approssimazione il film sembrava uno studio della metafisica del tempo. Dobbiamo correggere quest’impressione. Il soggetto filosofico principale del film è la conoscenza. Ma vedremo che anche questa impressione è ingannevole.

Che cosa sembra dire il film

Devo numerare i giorni della marmotta visibili nel film con un nuovo tipo di notazione (GMV), per poter parlare di alcuni dettagli della storia. Nel GMV28, Rita si offre di essere una testimone oggettiva. Connors le aveva raccontato di come i vari suicidi da lui commessi non gli impedivano di rinascere ogni giorno, e come questo l’avesse convinto di essere un dio. Rita non può sapere che cosa è successo negli universi paralleli visitati da Connors e gli chiede di provarle che è un dio. Non potendo addurre prove per la propria immortalità Connors le dimostra di essere onnisciente – ovvero, di conoscere tutti i dettagli del microcosmo di Punxsutawney che ha esplorato in lungo e in largo nei GM precedenti. Tra gli attributi scolastici della divinità, l’onniscienza è uno dei più controversi proprio in relazione ai problemi posti da un mondo in divenire e abitato da soggetti che incarnano dei punti di vista. L’onniscienza è per esempio difficile da far quadrare con l’immutabilità e l’assenza di un punto di vista: una divinità immutabile e senza punto di vista non può sapere tutto perché non può sapere che ore sono (l’ora si modifica continuamente e il presente è un punto di vista sul tempo). Ma Connors rivive le varianti del GM seguendole nel tempo, quindi la sua onniscienza è di un tipo particolare, e include la possibilità di inserirsi nel presente con l’azione.

L’esplorazione degli universi paralleli mette prestissimo Connors di fronte al valore della conoscenza. La ripetizione è una prigione, ma Punxsutawney è uno spazio sufficientemente grande perché vi avvengano molti eventi e vi si possano fare molti incontri. La ripetizione si rivela una fonte di conoscenza, perché permette di esplorare gli eventi. Normalmente gli eventi non sono soggetti di esplorazione come gli oggetti materiali. Possiamo tornare a esplorare un oggetto materiale per osservarne i lati che non avevamo visto, ma possiamo soltanto – al meglio – seguire una volta sola un evento nel suo svolgersi. La ripetizione elimina questo ostacolo. Permette a Connors di tornare a osservare lo "stesso" evento (in realtà, una sua variante indistinguibile dall’evento, se si esclude una possibile interazione di Connors con l’evento) per scoprirne degli aspetti che erano passati inosservati a una prima visita. Per Connors è come se gli eventi avessero dei "lati". La sua conoscenza non è solo più vasta della nostra, è anche di un tipo qualitativamente diverso.

Qui entra in gioco l’aspetto morale del film, che travalica metafisica e problemi della conoscenza.

Che cosa dice il film?

Se non ci fosse domani, non ci sarebbero conseguenze e cattivi risvegli. È la morale bonariamente sottoproletaria che Phil Connors con facile maieutica fa scoprire ai suoi compagni di bevuta Gus e Ralph il GM3. Se non ci sono conseguenze tutto è permesso e possiamo non star più alle regole. La morale ha un’importante dimensione metafisica. In un mondo con una struttura diversa dalla nostra – come sembra essere quello in cui è temporaneamente confinato Connors – gli atti potrebbero avere conseguenze modeste e comunque circoscritte per colui chi li compie. Avrebbero comunque delle conseguenze, contrariamente a quanto sostiene Ralph (e in effetti, anche se il film non ce lo dice, il Ralph del GM3 si risveglierà in prigione nella sua variante!). Connors dà qui un’ulteriore prova di cinismo, dato che le conseguenze sono circoscritte per lui e non per gli altri. Ma certo i vincoli della situazione sono più deboli per Connors, che sa che per lui non ci sarà "domani". Il successo morale dipende in buona parte dalla fortuna morale, dal gioco di conseguenze che rendono un atto buono o cattivo, ma la situazione di Cannors indica che tale successo dipende anche dalla possibilità di conoscere le conseguenze. E Connors sa che le conseguenze dei suoi atti non saranno mai avvertite da lui. In questo senso è una creatura morale bizzarra.

(Una breve digressione. Un problema irrisolto della storia riguarda il modo in cui il Connors che vediamo ‘satura’ lo spazio metafisico delle sue varianti. Nei mondi paralleli che visita Connors è un’anomalia, in quanto ha un passato che non può corrispondere a quanto è avvenuto in quel mondo. La variante di Connors in altri mondi dev’essere in fondo molto simile al Connors del GM1, e possiamo immaginare che venga "spostata" dal Connors che continuiamo a vedere, per trovarsi poi al proprio posto il giorno dopo nel proprio mondo. È dunque questa variante che paga le conseguenze degli atti di Connors, senza sapere perché!)

La conoscenza di Connors, abbiamo detto, è diversa dalla nostra. Non solo per via dell’onniscienza. Un po’ come il pianista che ripete lo stesso pezzo per impararlo, Connors ripete la cassetta metafisica dello stesso giorno. Tuttavia la conoscenza che ne ottiene si rivela inutile là dove dovrebbe dare i frutti migliori. Nonostante egli riesca a ottenere facilmente sesso e denaro, non riesce a conquistare Rita. A Rita non interessa quello che Connors sa, e addirittura la indispone che egli sappia anticipare tutti suoi desideri. Connors è un filologo di Rita, ma la sua erudizione è totalmente inutile. A Rita interessa un certo tipo di Connors, un Connors con certe qualità. La conoscenza è inutile perché non cambia Connors. Non nasce mai un Connors nuovo o migliore, e difatti egli si ritrova ogni giorno ad essere il Connors che era il giorno prima. Questo è il vero significato della seconda parte del film, il vero senso, incidentalmente, del ricominciare da capo. Connors spezzerà il cerchio infernale quando passerà da una conoscenza che si limita a raccogliere dati a una conoscenza che lo trasforma. Imparare a suonare il piano trasforma colui che impara perché nell’apprendimento non ci si limita a memorizzare un pezzo, ma si acquisisce una tecnica che permette la padronanza di un numero virtualmente illimitato di pezzi. (Ironicamente, la rivelazione della bellezza della musica avviene grazie alle note della sonata K. 545 in do maggiore di Mozart, il magnifico pons asinorum di tutti i principianti.)

Sto prendendo il film troppo sul serio? Si potrebbe anche interpretarlo come una caricatura di un certo messaggio tipicamente ‘americano’, dell’ansia di migliorarsi, delle guide per il ‘self-improvement’ che suggeriscono, per l’appunto, di dedicarsi appassionatamente a un hobby come la scultura del ghiaccio o il pianoforte, non certo di passare cinque anni a studiare il sanscrito o la meccanica quantistica. Forzando la mano alle intenzioni dello sceneggiatore, vorrei sostenere che il film mostra quanto conti la decisione di intraprendere questo viaggio che conduce alla conoscenza, e la decisione, sempre ripetuta, di continuarlo.

Possiamo parlare qui di un valore intrinseco della conoscenza, al di là di tutti gli usi strumentali che Connors può farne: limitati alle circostanze del momento nella prima parte del film, o inseriti in un grande progetto di vita nella seconda parte.

La metafisica del film, come abbiamo visto, è particolarmente deviante. Alle sei del mattino il protagonista si muove simultaneamente su due coordinate metafisiche, tempo e universi paralleli. Il tipo di conoscenza che può ottenere e il modo in cui questa si lega all’intuizione morale per cui la conoscenza ha un valore intrinseco potrebbero semplicemente dipendere dall’artificiosità della situazione, dalla metafisica molto particolare che ci propone lo sceneggiatore. Ma il legame con il mondo reale è in agguato dietro l’angolo, e ci viene offerto già al terzo giorno. Connors chiede a Gus e Ralph che cosa accadrebbe se uno fosse condannato a vivere sempre nello stesso luogo e i giorni fossero tutti uguali e nulla fosse veramente importante. Gus osserva, sconsolato, che questa è in fondo la sua vita: "That sums it up for me". Il mondo reale non è poi così diverso.

Ecco dunque le conclusioni che mi sembra di poter suggerire:

L’onniscienza è moralmente insufficiente in quanto non rende necessariamente migliori. Il punto di vista fuori dal tempo e l’onniscienza sono irrilevanti ai fini morali. Non dovremmo accettare consigli e leggi da un dio. Gli inventori delle religioni sembrano averlo intuito quando hanno creato i miti degli dei fattisi uomini e scesi sulla terra a prodursi in spettacoli strani che attirassero l’attenzione degli umani. Per gli umani il viaggio alla ricerca della conoscenza è l’unica cosa che sembra veramente poter contare, e su cui nessun dio ha alcunché da insegnare. La conoscenza e persino l’onniscienza possono non aver valore se non nella contingenza delle situazioni. Non basta essere dei e a volte la compagnia di un dio è noiosa. Anzi, gli umani hanno il privilegio di potersi migliorare, ed è questo che li rende così interessanti. Ciò che sembra avere un valore intrinseco è il cammino che ci porta alla conoscenza, e la conoscenza stessa. Per trarre questa morale Groundhog Day ci mostra una situazione che mancava al repertorio delle tragedie classiche. Ci mostra l’epica di un dio che diventa uomo e scopre che da uomini si sta meglio.

 

 

 

Ringrazio gli organizzatori e il pubblico al Festival del Cinema di Reggio Calabria 2000 dove è stata presentata una prima versione di questo articolo. Ringrazio Danny Rubin per le molte discussioni e Armando Massarenti per aver suscitato queste riflessioni.