96Eratostene
1996
Roberto Casati
A che cosa serve la metafisica oggi?
Si consideri la seguente ricostruzione di un ragionamento famoso. Eratostene viene a sapere che nel giorno del solistizio d'estate il sole a mezzodì si riflette nel fondo di un pozzo (ed è quindi presumibilmente prossimo allo zenith) a Syene, oggi in Sudan. Lo stesso giorno a Alessandria constata che un obelisco proietta una piccola ombra a mezzogiorno (i raggi del sole cadono con un'inclinazione di circa 7°). Sapendo che la distanza tra Syzne e Alessandria è di circa cinquemila stadi (tra 740 e 930 km, stando agli interpreti moderni), e ipotizzando che le due città giacciano sullo stesso meridiano, ne conclude, applicando un banale ragionamento geometrico sui triangoli simili, che il raggio terrestre è di circa 250-252mila stadi; il che, tradotto in unità moderne, dà una misura con un margine d'errore tra il -6% e il +16% rispetto al raggio effettivo, a seconda della conversione stadio/km. Un risultato sorprendentemente accurato, ma soprattutto un bell'esempio di lavoro scientifico: osserva, misura, calcola, concludi. Niente di più lontano, si direbbe, dalle astruse piroette delle metafisica.
Ma a ben guardare, non dimentichiamo forse qualcosa? Eratostene ragiona sulla base di alcune ipotesi che abbiamo tralasciato di menzionare. Per esempio, che la terra è curva (se la terra fosse piatta, il risultato del calcolo ci darebbe la distanza tra la terra e il sole). O ancora, che il sole è a una distanza trascurabilmente elevata dalla terra (almeno 30 volte il raggio terrestre, per distanze superiori il margine d'errore rispetto a un sole infinitamente distante scende al di sotto del 3%). O che i raggi del sole viaggiano in linea retta (in caso contrario ci sarebbe addirittura la possibilità che noi abitiamo all'interno di una terra cava). O che la curvatura locale della terra, tra Siène e Alessandria, rappresenta in maniera adeguate la curvatura globale (la terra è uno sferoide, e non un cilindro o una fetta di torta). Insomma, senza un certo numero di ipotesi fisiche precedenti l'osservazione e il calcolo, il risultato del calcolo non è ben "leggibile".
Ma c'è dell'altro. Eratostene utilizza implicitamente alcune ipotesi metafisiche sulla natura del tempo e dello spazio, sulle proprietà degli oggetti materiali e di un processo come il movimento. Per esempio, in qualche modo è cosciente del fatto che due regioni di un oggetto materiale (sulla terra, Syene e Alessandria) separate da una terza regione sono raggiungibili solo tramite un percorso che attraversa questa regione (non si può "saltare" una regione intermedia); che viaggiando a una velocità uniforme si percorrono distanze uguali in tempi uguali (il cammello non ha un'accelerazione metafisica tutta sua che gli permette di divorare spazio); che un oggetto materiale come la terra è relativamente stabile nel tempo (e quindi non cambia malignamente curvatura proprio durante il solstizio d'estate); che un oggetto materiale (anche se un po' particolare) come il sole non può starsene in due luoghi diversi nello stesso momento, e che lo stesso vale della terra (e che quindi si deve prendere sul serio la differenza tra le ombre in due luoghi diversi nello stesso momento).
La geografia fisica, potremmo dire in un momento di trasporto, ha una metafisica che le è propria. Ma lo stesso si può dire di teorie d'ogni tipo, dalla fisica quantistica alla teoria dell'architettura alle ricette di cucina. La metafisica aiuta a formulare e a trovare modi di rispondere a questioni come "le cose di tale tipo esistono?" o "qual è la natura della talaltra cosa?" - questioni del tutto generali, che si specializzano quando si scende sul terreno di una teoria particolare. A titolo di confronto, la si può distinguere dall'epistemologia, che si pone domande del tipo "posto che la tal cosa esista, come faccio a saperlo?". E ci sono naturalmente dei livelli di generalità delle questioni sull'esistenza e la natura delle cose.
L'esempio di Eratostene delimita un'accezione minima, e credo sufficientemente innocua, di 'metafisica'. Tanto innocua che anche gli antimetafisici dichiarati si troveranno più o meno d'accordo. Potete poi riformulare queste banalità in modo da renderle più profonde, e parlare quindi della scienza dell'Essere in quanto Essere, e magari attribuirle un destino, o chissà, un non-nascondimento. A questo punto diventa meno facile trovare degli antimetafisici pazienti. Ma propongo di lasciare per un momento da parte queste discussioni e di esaminare altre due, un tantino diverse.
A che cosa serve la metafisica oggi? Potrà sorprendere che gli utenti più esigenti non si nascondono nelle facoltà di filosofia ma in quelle di ingegneria e di informatica. Per restare in ambito geografico, si pensi al tipo di problema che deve risolvere chi si occupi della progettazione dei GIS, i sistemi di informazione geografica. Sulla terra vengono tracciati confini e strade, persone si spostano, entità geopolitiche esercitano un controllo delimitando delle regioni, nazioni nascono e scompaiono. Ma che cosa sono queste cose? Una nazione esiste davvero? Non è certo un oggetto che si tocca. Forse una nazione per esistere dev'essere associata a una regione di spazio? Ma la Polonia non esisteva 'virtualmente' anche quando la sua entità territoriale era smembrata? Oppure la Polonia ha avuto un'esistenza intermittente? E un'area di terreno, quella che appartiene a Giovanni, che cos'è? Forse un'area geometrica astratta? Magari Giovanni vende a Enrico una parcella e poi scava una buca rimuovendo tutta la terra - Enrico sarà contento di aver comprato un'area geometrica astratta? Quindi sarebbe utile, in alcuni casi, definire una parcella anche in base al suo contenuto. Ma se un'altra parcella di Enrico frana dolcemente su un terreno adiacente di Giovanni, portandosi con sé casa e giardino, Giovanni può adesso avanzare delle pretese legali sulla terra di Enrico, perché quello che conta sono i confini astratti del suo terreno. (Il sapore provinciale di questa storiella non tragga in inganno: Giovanni è un lettore accanito di Newton, Enrico difende strenuamente Leibniz, e le rispettive metafisiche dello spazio vanno in direzioni opposte). Questi sono esempi (tra molti altri possibili) di sostanziali perplessità metafisiche sull'esistenza e la natura di certi oggetti che sono accettati dal senso comune o sono comunque tali che un utilizzatore di un GIS deve prima o poi averci a che fare. Dalle perplessità si esce con altrettanti esperimenti mentali, in cui si cerca di valutare tutti i parametri di variazione o le conseguenze di alcune delle notre intuizioni metafisiche. C'è uno spazio per il negoziato, qui, e probabilmente si debbono prendere delle decisioni legate alle nostre consuetudini.
Il che solleva un'altra questione: se la metafisica diviene applicata, a che cosa serve la metafisica pura?
La risposta è abbastanza semplice; la metafisica più astratta definisce gli strumenti per risolvere problemi che si ritrovano poi nelle applicazioni. La metafisica pura è un po' come la matematica pura. Nessuno sa bene a che cosa serva, per ora, ma prima o poi si trova comunque un uso anche per le teorie matematiche più devianti.