Roberto Casati

Settembre 2000

Il nastro trasportatore del nulla

Se si pensa a come funziona l’educazione viene in mente un semplice modello, applicato con poche varianti praticamente dall’asilo su su fino all’università e all’educazione permanente o per la terza età, il modello del nastro trasportatore. Da un lato c’è il sapere. Dall’altro lo studente. In mezzo il docente, che va a pescare nel tesoro del sapere ben formattato in pillole (o in mattoni) e lo consegna agli studenti. Si noti che nel modello non c’è nulla di veramente attivo. Il sapere è cristallizzato in discipline, materie, dipartimenti. Il docente si muove, ma come un nastro trasportatore, per l’appunto, e ritornando anno dopo anno al punto di partenza distribuisce pillole di conoscenza sempre più uniformi (in questo aiutato dal manuale, che canonizza non la conoscenza ma la sua trasmissione). Lo studente ingoia e, con un po’ di fortuna, a volte digerisce.

Il modello, lo si vede subito, non va bene per tutte le situazioni. Per esempio non funziona affatto per l’apprendimento linguistico. (Improbabile pubblicità di un corso d’inglese: "In cinque anni, lavorando svariate ore alla settimana, acquisirete i rudimenti della lingua e potrete leggere alcuni semplici testi. Tuttavia non capirete quasi nulla quando vi parleranno e vi esprimerete in modo incomprensibile." Mi sono permesso un adattamento, il pensiero è attribuito al grande storico della cultura Otto Kurz che l’indirizzava all’insegnamento del latino nei licei.) Tuttavia non si esita ad applicare il modello ai corsi di lingua nella secondaria, forse per oscure esigenze di uniformità amministrativa.

Ma il nastro trasportatore non sembra invece adeguato all’istruzione universitaria? No. Il suo instancabile girare è una contingenza storica. Gli universitari che fanno ricerca lo sanno: il sapere a livello universitario non dovrebbe venir trasmesso, ma prodotto. Il senior ha delle competenze. Il junior ha delle domande. Le domande del junior provocano il lavoro del senior, e entrambi crescono in questa ricerca di una risposta. Il junior impara perché cresce con il senior misurandosi su un problema comune.

L’università è in crisi per molte ragioni, ma vorrei suggerire che il motivo principale è che viene disconosciuta questa differenza qualificante dell’educazione universitaria – e ci si limita pertanto ad aggiungere una maglia al nastro trasportatore. Il quale, contrariamente a quanto avviene nei Tempi moderni di Chaplin, stritola i docenti, gli studenti e la ricerca proprio quando non si inceppa. Ma se i docenti se la cavano pur sempre in qualche modo e la ricerca si fa comunque altrove, la vera vittima è lo studente, oggetto di speculazioni economiche e sociali nemmeno tanto sottili.

Per ricevere fondi l’università ha bisogno di iscritti. Si devono dunque "catturare" studenti. Le ricette sono semplici e (finora) efficaci. Abbassare la qualità dell’offerta, ovvero infarcire i programmi di materie attraenti o comunque non inquietanti e semplificare i corsi per renderli più "accessibili". Mostrare indulgenza negli esami. Distribuire sedi universitarie a pioggia, mirando a raggiungere una densità geografica simile a quella dei licei (e bloccando di fatto la formazione di masse critiche che favoriscono la ricerca). Distribuire crediti a pioggia, senza farli dipendere da una valutazione della qualità della ricerca. Sottolineare a ogni piè sospinto le funzioni non più, non solo educative della vita universitaria (l’"irriducibile" capacità formativa, o di socializzazione).

Ma non è per nulla evidente che gli studenti verranno attratti indefinitamente da questo sistema. Il messaggio che si fa pervenire loro è molto leggibile, e prima o poi finirà con il venir letto: "Vi diamo compitini elementari e vi facciamo sostenere esamini facili perché riteniamo che altrimenti non ce la farete; vi costruiamo una facoltà in cortile perché pensiamo che abbiate paura di trasferirvi nella grande città e vi crediamo disposti a farvi somministrare pillole di conoscenza da pendolari che vedrete una volta alla settimana; non vi permetteremo mai di capire quali sono i docenti bravi e quelli che fanno solo finta, così non rischiate di cambiare sede universitaria; vi parcheggiamo per quattro anni in un contesto sociale e umano immiserito, ma tanto la disoccupazione è peggio, o no?"

Lo studente può anche non apprezzare questo stato di inferiorità ma dato che non sembra avere molte armi per reagire non deve far altro che inghiottire il suo scontento. Non può veramente votare con i piedi, data la mancanza cronica di strutture che favoriscano la circolazione. Tuttavia c’è la possibilità che in men che non si dica il mondo studentesco si metta a votare con il mouse.

L’iscrizione a corsi su internet di grandi università americane è già da ora letteralmente alla portata di chiunque voglia investire una somma tutto sommato modica. Tra un lustro usciranno dalla scuola dell’obbligo persone che avranno già navigato per anni, avranno trovato modo di marinare il corso scolastico d’inglese e avranno le idee un po’ più chiare su come come investire il proprio tempo e il proprio denaro in una formazione. Tra cinque anni l’offerta educativa extrauniversitaria sarà probabilmente molto interessante e aggressiva, e lo smantellamento della qualità universitaria italiana sarà a buon punto. I docenti online, abbandonato il nastro trasportatore, cercheranno di attirare gli studenti offrendo corsi stimolanti e un vero aiuto didattico. (Contromisure governative: raddoppiare l’orario di ricevimento, o chiudere per decreto gli alberghi a ore della provincia italiana forzando i professori pendolari a divenire stanziali.) Accadrà all’università ciò che è accaduto alle telecom in alcuni paesi del terzo mondo che fino a pochi anni fa una rete telefonica universale non l’avevano perché era troppo costoso posare i cavi. In un batter d’occhio i cellulari hanno portato il telefono in ogni famiglia, saltando a piè pari il problema dei cavi. Gli studenti ormai navigati circumnavigheranno facilmente le vetustà dell’università italiana. Lo faranno perché non avranno scuse, ed è questo un un caso in cui il web indurrà un innalzamento della soglia morale: apparterrà loro la responsabilità della decisione di accedere alla conoscenza.