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Roberto Casati

Nomi di dominio

 

La Rete è un mondo virtuale, ma quali sono le sue ricadute sul mondo reale? Ecco un’immagine folkloristica: un tredicenne che studia su un e-book (seguendo i consigli del premio Nobel che appare in un riquadro dello schermo), si collega per un paio di minuti al suo broker online e vende azioni guadagnando in un clic più di quanto i suoi genitori siano riusciti a risparmiare in una vita. Oppure: un signore che lavora a maglia in un villaggio della Toscana e riceve ordinazioni da una comunità di Inuit. Eccetera. Ci aspettiamo cambiamenti profondi, rivoluzioni del tessuto sociale e dei gusti letterari, culinari, sessuali, dilatazioni e contrazioni dello spazio e del tempo. Non resteranno comunque del punti fissi, delle certezze cui aggrapparsi? Per esempio, il fatto che - caschi il mondo - io continuo a chiamarmi come mi chiamo.

Ahimé, no. Si può vedere facilmente come anche istituzioni apparentemente solide come i nomi anagrafici possono venir modificate (come tutti i prodotti sociali e culturali) da un mondo perfettamente globale.

Innanzitutto, che cosa è un nome e perché uno strumento così importante cadrà vittima della globalizzazione culturale? I nomi non sono parti di lingua come le altre. Sono soggetti a convenzioni legali. Contano i diritti che ciascuno di noi può accampare su un nome. Io possiedo il mio nome, nel senso che posso limitare il modo in cui altre persone usano la lingua di cui il nome fa parte. Se un tale grida il mio nome per strada, mi volto. So che di norma ci si aspetta da me che io risponda quando vengo chiamato, e in cambio mi aspetto che il mio nome non venga usato a vanvera. Per la stessa ragione mi si guarda male se battezzo mio figlio ‘Mike Buongiorno’.

L'omonimia è un vecchio problema per l'anagrafe. Per risolverlo si è cercato di approfittare del fatto che a volte le persone hanno molti nomi, anche se di solito ne usano uno solo, come John Maynard Smith, abbreviato in John M. Smith. Quando negli Stati Uniti si è cercato di imporre l'uso dell'iniziale centrale, la middle initial, i funzionari zelanti hanno persino ribattezzato le persone che non avevano l'iniziale centrale: John N.M.I. Smith, ovvero John No Middle Initial Smith. Ai molti John Smith nudi e crudi l’aggiunta delle tre iniziali fittizie ha solo complicato la vita, senza salvarli dall'ambiguità.

L'uso comune integra le descrizioni spaziotemporali nel nome (mostrando una certa comprensibile sfiducia nei confronti del patronimico). Nell'antica Grecia si usava il demotico, il cognome di luogo. L'onomastica conferma l'origine geografica di certi cognomi. L’anagrafe risolve il problema dell'omonimia affidandosi al fatto ovvio per cui due persone possono condividere nome e cognome, ma non possono occupare la stessa regione di spazio nello stesso tempo, in particolare alla nascita. Accanto al nome e al cognome compaiono dunque data e luogo di nascita, abbastanza precisi da togliere l'ambiguità. Quando questo non basta, si ricorre a un numero: quello di codice fiscale, o della Social Security.

Insomma, le convenzioni sociali che regolano gli usi dei nomi propri sono complicate ma tutto sommato abbastanza elastiche. L'omonimia è un problema solo in alcuni casi molto particolari che di solito siamo in grado di circoscrivere con strategie appropriate.

A questo punto interviene il web. Che non è soltanto unico e globale, è anche composto da macchine progettate secondo criteri logici. In particolare, i luoghi nel web sono identificati in modo univoco da un nome di dominio. Non ci sono nomi di dominio ambigui. Cliccando su www.ilsole24ore.it non vi aspettate di leggere la Gazzetta. Gli omonimi anagrafici devono competere per il solo nome con cui parrebbe loro naturale registrarsi. Come è noto, questo ha posto molti problemi legali quando il nome ha un valore commerciale. La discussione sul nome di dominio si è dunque concentrata sull’opportunità di un’unica autorità che assegni i nomi (si veda il White Paper e la discussione susseguente confluita nella creazione di ICANN, Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, e gli accordi tra ICANN e Internic sulla deregolazione dell’attribuzione dei nomi.)

Le ricadute sulla vita reale?

I nomi di dominio vietano l'omonimia. Ne segue che ci si troverà spesso di fronte alla scelta di registrarsi con un nome di dominio che non è il proprio nome anagrafico. Che nome scegliere? Un nome vicino al nome anagrafico ma poco estetico, o un nome completamente differente, più estetico? In realtà, di fronte alla scelta tra Robertocasati3777.com e Giovanelabrador.com io non avrei dubbi. Si pensi ora a quante volte nella vita si viene presentati a altre persone e ci si scambia biglietti da visita, numeri di telefono, indirizzo e-mail, eccetera. È molto più comodo dare un'informazione compatta che permette a chi ci incontra di trovarci sulla rete. Se per di più quest'informazione è simpatica ("Salve, mi trova a Giovanelabrador") verrà facilmente memorizzata. Ripetendo questo processo centinaia di volte, il proprio nome di dominio diviene socialmente più importante del proprio nome anagrafico. Se milioni di persone usano sempre di più il nome del proprio dominio per identificarsi nel mondo reale, e se per fini strettamente anagrafici si userà il codice fiscale, il nome anagrafico diventa del tutto superfluo nella comunicazione. L'idea che tutti quanti abbiano nomi un po' da fumetto di Indiani d'America può apparire come una fastidiosa scocciatura se non come un'imposizione. Ma possiamo anche consolarci pensando alle possibilità liberatorie di un grande ribattesimo su scala mondiale.

Un altro tipo di retroazione del mondo virtuale sul mondo reale riguarda l’ortografia. Se mi piace continuare a usare il mio nome e non voglio competere con i vari Robertocasati1, 2, eccetera, posso registrarne come dominio una variante ortografica. In italiano questo non è semplice, ma in inglese potrei usare Robertocadsahti.com (che forse semplificherebbe la pronuncia della ‘s’ sonora). E in fondo, che cosa distingue ‘Microsoft’ e ‘Microzoft’, ‘Windows’ e ‘Windoze’ per un parlante inglese? Foneticamente si tratta dello stesso nome. Gli ortografi inglesi strocono il naso, ma le grandi marche allargano il loro target pubblicitario cambiando ‘night’ in ‘nite’ e ‘borough’ in ‘boro’. Anche in francese è possibile sfruttare la discrepanza tra ortografia e fonetica, dato che l’ortografia non ha aderito allo sviluppo della fonetica. Come diceva l’umorista Alphonse Allais, ci si può stupire del perché la stessa parola si scriva ‘sang’ quando si parla di ferite aperte e ‘sens’ quando si parla delle direzioni. Ma a questo punto l’ansia rischia di diventare forte, perché ci sono molte varianti ortografiche di ciascun nome - quasi una per ogni lingua. Quanti nomi di dominio dovremo registrare? Sembra che ci stiamo preoccupando troppo.

Ci siamo resi conto di come la febbre del gioco in borsa si sia trasferita dal grande investitore all'e-trader casalingo. L'ansia del nome di dominio è già tra noi. Su questa ansia scommette mailbank.com. L'impresa ha comprato diecimila nomi di dominio basati su cognomi americani (per esempio www.smith.com) e rivende per cinquanta dollari un pacchetto che include iscrizione e un anno di messaggeria e di pagina web con un indirizzo basato sul cognome. Il signor John Smith può comprare un alias www.john.smith.com che lo distingue da suo cugino, registrato presso Mailbank, diciamo, come www.paul.smith.com. L'impresa resta proprietaria del nome di dominio generico smith.com. I cugini si spartiscono gli alias. È probabile che la parola ‘cugino’ tra pochi anni ci assocerà a sconosciuti con cui condividiamo una frazione di nome virtuale.