La fine dell'esperto
In un'intervista al "Corriere" Umberto Eco esprime scetticismo sull'opportunità di consentire un accesso indiscriminato a Internet nelle scuole. L'argomento sembra solido: "Non ci sono strumenti per educare alla selezione delle informazioni. Non si sa come discriminare tra siti seri e follie. Quello di un di un criminale nazista come Heichmann o quello di Madre Teresa di Calcutta potrebbero diventare la stessa cosa". Servono filtri: sulla rete c'è troppo materiale. In un'intervista a Libération il 7 gennaio Eco difendeva una tesi simile: "Fino a oggi le Chiese e le istituzioni scientifiche avevano la funzione di filtrare e riorganizzare la conoscenza e l'informazione. Questi intermediari restringono la mia libertà intellettuale, ma garantiscono che la comunità ha filtrato l'essenziale... Insisto sulla funzione di un filtro esterno alla rete, che si tratti della scuola, di libri o di giornali". Di nuovo, servono filtri: praticamente tutto è disponibile sulla rete, ma senza una buona guida ci si perde.
Attenzione, rischia di passare inosservata una distinzione molto importante. I filtri del primo tipo impediscono l'accesso a pagine deplorevoli, diciamo pagine negative. I filtri del secondo tipo selezionano solo pagine ritenute degne, diciamo pagine positive. Ma non è affatto detto che uno stesso filtro debba fare entrambe le cose. In particolare sembra che l'esigenza (in fondo abbastanza condivisibile) di filtri negativi serva a motivare la proposta di filtri positivi. Un filtro positivo, secondo Eco, è un esperto, o un'istituzione esterna alla rete. L'esperto compila una pagina che contiene link verso altri siti degni di visita. (Su questo principio funziona un sito come about.com). Il sito ottiene credibilità perché l'esperto che lo compila è autorevole.
Qui c'è un problema. Come si giunge a un sito credibile? Io mi fido di Eco, ma Eco conosce tutti i siti? Magari un sito che Eco non conosce dà informazioni più autorevoli di quelle che dà un sito che Eco conosce. E come arrivo a Eco? Certo, lo Stato può creare dei portali educativi. Ma se lo spauracchio del sito negativo deve farci riflettere sull'opportunità di vietare l'accesso, non deve per questo indurci nella tentazione di selezionare i contenuti da proporre.
La vera risposta al problema della troppa informazione? Un motore di ricerca come google.com utilizza il web come una struttura di informazioni. I link dal sito A verso il sito B vengono interpretati come voti per il sito B. Questo sembra ragionevole: se uno vuole far sapere ai visitatori del suo sito A che B è il miglior sito sul calcio (o sui raggi gamma), vota il sito B con un link. Se il sito A contiene molti link utili, prima o poi viene votato da altri siti e acquisisce un'autorevolezza che trasmette ai suoi link. Google si limita a raccogliere i risultati delle votazioni. (Ha persino un pulsante sfrontato che scommette sulla pagina che cercate e vince quasi sempre!) Perché fidarsi del risultato? Per la stessa ragione per cui ci fidiamo delle etichette con i prezzi in un negozio. Perché dietro alle pagine ci sono comunque individui che valutano. Ciascuno di noi è un piccolo esperto. Google vede la rete come un grande sistema di voti. Il sistema è in fondo analogo al sistema dei prezzi, che ci informa sul valore relativo dei prodotti. La grande differenza rispetto ad altri modi (libri, televisione) di pubblicare contenuti culturali è che la rete contiene un'enorme quantità di informazioni immediatamente accessibili sul valore dei prodotti pubblicati.
Come il sistema dei prezzi, il sistema dei link-voto può subire delle distorsioni. Non sarebbe meglio fidarsi degli esperti? No. Se mi si consente una metafora, gli esperti-filtro stanno al sistema dei link-voto come l'economia pianificata sta al mercato. Il loro destino sulla rete è quello dell'economia pianificata. Non servono esperti esterni alla rete: ci si può affidare a miliardi di valutazioni individuali dei prodotti culturali. Tra cinque anni tutte le nuove conoscenze transiteranno sulla rete. E se non servono sulla rete, dove servono gli esperti?
(Si veda anche: Una Lettera a Omar Calabrese in riferimento a un suo intervento sul Corriere)